Migliorare le lavorazioni meccaniche con i lubrificanti a basso impatto ambientale
Articolo pubblicato sulla rivista COMPONENTI INDUSTRIALI nr. 144 novembre – dicembre 2011
Rispetto per l’ambiente, risparmio energetico, miglioramento delle condizioni di salute per gli operatori dell’industria metalmeccanica: questi gli obiettivi del progetto realizzato dall’azienda bergamasca Bellini, in collaborazione con il Politecnico di Milano e con il sostegno della Fondazione omonima. Il risultato dell’intenso lavoro di ricerca è un lubrificante naturale, denominato Harolbio, completamente atossico e biodegradabile.
a cura di S.C.
I lubrificanti hanno la funzione di lubrificare, creando un sottile strato tra le superfici solide in movimento, in modo da ridurre l’elevato coefficiente di attrito e usura a causa delle proprietà specifiche delle superfici. Sono chiamati anche materiali intermedi e possono essere di diverso tipo: liquido (piu o meno viscoso); solido e gassoso. Quelli più comunemente utilizzati sono allo stato liquido.
La formulazione di un lubrificante
liquido per lavorazioni meccaniche
Un lubrificante per lavorazioni meccaniche può essere: non solubile in acqua (alta proprietà lubrificante e scarsa proprietà refrigerante) oppure solubile/emulsionabile in acqua (90-95% di acqua + 5-10% lubrificante); in questo caso la proprietà lubrificante dell’olio si aggiunge a quella refrigerante dell’acqua.
La formulazione tipica è composta da un olio base (fluido poco lubrificante che ha l’obiettivo di veicolare nella zona di lavoro gli additivi), che può essere di natura idrocarburica minerale o sintetica, e dagli additivi, ovvero da sostanze aggiunte con lo scopo di migliorare le prestazioni del fluido sotto diversi aspetti:
• Protezione dalla corrosione
• Protezione dall’ossidazione (invecchiamento)
• Antischiuma
• Emulgatori (per i prodotti solubili in acqua)
• Stabilizzanti microbiologici (per i prodotti solubili in acqua)
Come incrementare le prestazioni di un olio lubrificante per lavorazioni meccaniche.
L’aumento delle prestazioni di un olio lubrificante per lavorazioni meccaniche passa per la riduzione del coefficiente di attrito in tutti i regimi di lubrificazione; a questo proposito occorre agire sui seguenti parametri formulativi:
• Viscosità olio base (componente principale degli oli lubrificanti)
• Miscela degli additivi di prestazione (liquidi o solidi) ad azione fisica o chimica
• Cloroparaffine
• Composti organici solforizzati
• Composti organici fosforizzati (mono, di, tri-esteri fosforici, fosfine, fosfiti,…)
• Esteri (naturali, di sintesi, polmerici,…)
Questi agiscono in funzione della temperatura sviluppata nel punto di contatto utensile-materiale.
Gli esteri offrono prestazioni nettamente migliori dal punto di vista lubrificante.
Bellini è tra le prime realtà italiane nella produzione di lubrificanti e si occupa in particolare di ricerca e sviluppo di fluidi per lavorazioni meccaniche di origine naturale. Fino al 2006 la società bergamasca ha sviluppato prodotti con l’utilizzo di basi minerali cambiando solo la parte additivi per ottimizzare la curva di Stribeck, arrivando a quello che i tecnici hanno chiamato un “asintoto prestazionale”.
Da qui è nata l’idea di utilizzare basi diverse per aumentare le prestazioni. Test di laboratorio e prove sul campo hanno rivelato che gli esteri offrono prestazioni nettamente migliori in termini di lubrificazione.
Per questo motivo negli anni 2007-2009 la società ha finanziato un progetto di ricerca presso una università del centro Italia (Dipartimento di Fisica) per simulare in laboratorio la curva di Stribeck e studiare il comportamento degli additivi di prestazione in matrice esterea. Il lavoro di ricerca ha dimostrato che con base esterea si potevano ottenere prestazioni migliori di quelle massime ottenute con l’utilizzo di basi idrocarburiche. Inoltre si potevano ottenere anche riduzioni del 10% del coefficiente di attrito (μf).
Gli esteri sono più lubrificanti in virtù della struttura chimica che li rende polari e quindi adsorbibili sulla superficie metallica. Come mai allora non sono stati considerati fino al 2006? I motivi sono diversi. Innanzitutto le richieste di prestazioni degli utilizzatori finali erano facilmente soddisfatte dalla tecnologia formulativa tradizionale (olio minerale). Gli oli minerali avevano poi un vantaggio economico rilevante. Infine il mercato non era pronto a recepire il concetto di “green economy”, né i vantaggi igienico sanitari derivanti dall’utilizzo di fluidi provenienti da fonti rinnovabili.
Oltre a questi motivi, di carattere generale, vi erano poi motivi tecnologici specifici. Gli esteri, in particolare quelli vegetali, sono instabili rispetto all’olio minerale; inoltre degradano più facilmente durante l’utilizzo nelle lavorazioni rischiando di procurare problemi come:
• Formazione di sostanze acide: con rischio di ossidazione sia della macchina che dei pezzi lavorati;
• Formazione di residui di polimerizzazione con formazione di lacche che bloccano i cinematismi della macchina utensile.
Perciò, fino al 2006, per poter utilizzare prodotti a base esterea nelle lavorazioni meccaniche si dovevano utilizzare esteri molto stabili di sintesi che permettessero di garantire la stabilità termossidativa. L’utilizzo di questi esteri di sintesi presenta però costi troppo elevati e quindi non è diffondibile tra gli utilizzatori finali.
Gli esteri vegetali: una soluzione economica e, al contempo, prestazionale
Sulla scia dei primi risultati positivi nell’utilizzo degli esteri nella lavorazione meccanica, Bellini ha deciso di spingere, anche commercialmente, la loro divulgazione. Indi-spensabile, quindi, è stata la scelta di esteri più economici e largamente disponibili, quali gli esteri vegetali.
A questo punto è stata definita l’additivazione passivante, tramite ricerca di laboratorio, ed è stato selezionato il processo di raffinazione idoneo, arrivando al risultato di garantire la stabilità termossidativa necessaria per il loro utilizzo come fluidi lubrorefrigeranti nella lavorazione meccanica.
Ma vediamo quali sono le caratteristiche generali e i vantaggi degli esteri vegetali utilizzati da Bellini, confrontandole con gli oli minerali.
• L’estere proviene da fonti rinnovabili, quindi può essere contrassegnato dal marchio “Eco-Label”, mentre l’olio minerale deriva dal petroli;
• Compatibilità igienico sanitaria;
• Maggiore lubrificazione dovuta alla differenza intrinseca nella composizione chimica;
• Riduzione dei consumi di olio dovuti all’evaporazione; la tensione di evaporazione è nettamente inferiore rispetto all’olio minerale;
• Nessun limite di esposizione (olio minerale ha TLV: 5 mg/mc secondo ACGIH);
• Altissima tollerabilità igienico-sanitaria: non è irritante per la pelle e le vie respiratorie;
• Maggiore capacità di raffreddamento; il calore specifico dell’estere è maggiore dell’olio minerale;
• Alto punto di infiammabilità; permette di eseguire lavorazioni meccaniche senza presidio)
• Altissimo punto di fumo; permette di aumentare gli avanzamenti senza generare nebbie o emissioni);
• Alto indice di viscosità intrinseco (stabilità nelle lubrificazione in funzione della temperatura);
• Non esplosivo a pressione atmosferica in qualsiasi rapporto con l’aria.
Inoltre, come già detto, offre prestazioni migliori dal punto di vista della lubrificazione: riduzione dei coefficienti di attrito e aumento della durata degli utensili.
Le fasi principali dell’attività di ricerca
L’attività di raccolta dati è stata eseguita in modo comparativo, effettuando le registrazione con l’utilizzo di olio tradizionale e successivamente con l’utilizzo di olio a base vegetale, mantenendo costanti tutte le variabili: tipologia di lavorazione meccanica; materiali; lotti di produzione; utensili; operatori; temperature.
Per lo sviluppo di un prodotto solubile in acqua, importante è stato il contributo del dipartimento di Chimica, Materiali, e Ingegneria Chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano che ha permesso di studiare e ottimizzare un sistema emulsionante per la dispersione di oli vegetali in acqua.
Il sistema ha i seguenti obiettivi:
• Essere totalmente biodegradabile e non nocivo;
• Essere stabile in tutte le condizione di lavorazione;
• Mantenere le proprietà lubrificanti e prestazionali degli esteri naturali.
La prima attività di ricerca è stata il monitoraggio dell’utilizzo di olio lubrificante non solubile in acqua.
• Utilizzatore: Streparava
• Pezzo lavorato: bilancere
• Materiale: ghisa sferoidale
• Lavorazioni eseguite: foratura, fresatura, asportazione truciolo, maschiatura, alesatura.
I parametri monitorati sono stati i seguenti:
• Assorbimento elettrico di tutti i motori coinvolti nella lavorazione meccanica, con l’obiettivo di quantificare il risparmio di energia elettrica derivante dalla riduzione di μf;
• Resa utensile: è stato misurato il consumo dell’utensile (aspetto visivo) e successivamente l’incremento della durata;
• Consumo di olio;
• Olio residuo nello sfrido;
• Olio recuperato nel filtro elettrostatico di abbattimento nebbie;
• Aspetti igienico-tossicologici;
• Caratteristiche chimico-fisiche dell’olio in uso;
• Controllo qualità del pezzo lavorato: rugosità, durezza, tolleranze dimensionali.
E questi, infine, sono stati i risultati ottenuti:
• Consumi energetici: variazioni trascurabili.
• Attrito viscoso ha azzerato i vantaggi derivanti dalla riduzione di μf;
• Aumento resa utensili: 20-50%;
• Nessuna variazione parametri controllo qualità: in taluni casi leggero aumento rugosità superficiale, ma al di sotto dei limiti di specifica;
• Riduzione dell’olio recuperato nei filtri intorno al 40%;
• Riduzione impatto igienico-tossicologico.
Da notare, in conclusione, che il lubrificante è stato già testato in 4 aziende presenti nel nord Italia e non ha presentato problemi di compatibilità con l’olio minerale.
(Il testo è stato redatto sulla base della relazione tecnica a cura del dottor Marco Bellini, Amministratore e Responsabile R&S della Bellini S.r.l).
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